Pittore e incisore italiano. La sua formazione scolastica e artistica ebbe luogo
a Bologna, città in cui trascorse tutta la sua vita e frequentò
l'Accademia di Belle Arti, dove poi fu titolare della cattedra di Incisione
(1930-56). La vita riservata che condusse, in accordo con il suo temperamento,
non gli impedì di rimanere in contatto con le maggiori correnti
artistiche della modernità. Alla Biennale di Venezia del 1910, ed in
altre esposizioni, ebbe occasione di apprezzare le opere di Monet, Renoir,
Courbet e Cézanne riuscendo ad operare, attraverso lo studio di Giotto,
Paolo Uccello e Masaccio, un collegamento del tutto originale tra classico e
moderno. La sua opera è unanimemente considerata di grande coerenza e
rigore, di modo che non è sempre facile distinguervi con chiarezza le
fasi evolutive. Ciò nonostante, ai primi anni in cui è evidente
l'influsso di Cézanne, seguì una personale interpretazione di
alcuni aspetti formali del Futurismo (partecipò anche alla prima
Libera esposizione futurista organizzata a Roma nel 1914), cui
però non aderì mai compiutamente. Negli anni fra il 1916 e il
1920, maturò l'adesione alla pittura metafisica senza, nel frattempo,
trascurare l'attività di incisione, cominciata nel 1912. In una
pragmatica rinuncia alla magniloquenza
M. mostrò la sua
predilezione per soggetti quotidiani e familiari (bottiglie, caraffe,
barattoli), nature morte e paesaggi, escludendo quasi del tutto la figura umana
(fanno eccezione alcuni autoritratti eseguiti tra il 1920 e il 1925). Tali
contenuti, per così dire "crepuscolari", assunsero anche valenze
simboliche (si pensi alla
Natura morta del 1916, ora al Museum of Modern
Art di New York) e furono resi dall'artista con scelte cromatiche equilibrate e
precise, evolvendo negli anni dagli esclusivi toni del grigio, del bruno,
dell'avorio, verso colori via via più vivi e, infine, nelle intonazioni
di bianco e di luce. Pur avendo partecipato alla Mostra del Novecento, nelle
edizioni del 1926 e del 1929, all'esposizione presso la Galleria d'Arte Moderna
di Berlino del gruppo di artisti della rivista "Valori Plastici", di cui faceva
parte con Carrà e De Chirico, fu soltanto nel 1948 che la critica
ufficiale iniziò a dargli credito. Da quel momento gli furono offerti
numerosi riconoscimenti di livello internazionale, tra cui quelli della Biennale
di Venezia e della Biennale di San Paolo del Brasile, sia per la pittura sia per
l'incisione. La sua importanza pittorica, infatti, fu eguagliata
dall'eccezionale valore artistico delle sue circa 130 incisioni (Bologna
1890-1964).
Giorgio Morandi: “Natura morta”